
Muriel Barbery, Una rosa sola, e/o 2021 (pp. 176, euro 16,50)
Occorre superare il disagio che si può avvertire all’inizio: la lingua ricercata, densa di metafore arrischiate che sembrano voler echeggiare le sensazioni cangianti e sottili – i profumi, i colori dei fiori innanzitutto – che prova la protagonista, le atmosfere sospese in cui viene a trovarsi, i dettagli dal significato sfuggente concorrono a raccontare un’esperienza che si direbbe oscillare fra l’inedito e l’ineffabile. E i brani dal sapore sapienziale che si alternano ai capitoli accentuano questo ambiente narrativo che può creare perplessità. Ma è Rosa, francese di padre giapponese, a confrontarsi con il Giappone, con la casa di Kyoto in cui il genitore era vissuto e che ora lei ha raggiunto per assistere alla lettura del testamento: stupore e disorientamento, cambiamenti repentini di stati d’animo, una ricorrente quanto inspiegabile impressione di far ritorno in questi luoghi che non aveva mai visto, culminano nella scoperta che il padre, agiato mercante d’arte ed esteta raffinato, da sempre assente dalla sua vita, aveva in realtà seguito da lontano ma con amore la sua vita, fin dall’infanzia e ora che non c’è più l’ha affidata Paul, suo esecutore testamentario, che le farà da accompagnatore, colto e sensibile quanto discreto, nelle visite a templi che poco a poco rivelano alla trentacinquenne europea i tratti di una cultura altra.
Continua a leggere Il rischio di vivere