“Scrivere storie è un solitario stare assieme agli altri (liberatisi in personaggi) senza dar loro impiccio. Forse mi concentro a scrivere perché provo un sollievo straordinario dall’io ingombrante: quando si scrive, ci si annulla nei personaggi e si è liberi da se stessi; la più grande libertà è proprio da se stessi. (…) Siamo sopraffatti dall’io, lo portiamo ovunque, tutto è sempre riferito a noi stessi. Che sollievo invece seguire le proprie vicende personali come se accadessero a un altro: ho quasi imparato a guardare la mia realtà, le mie difficoltà, i miei nemici, con occhio narrativo. Forse proprio il bisogno di scomparire è lo scopo inconscio, il motivo di fondo, la molla dello scrivere. (…) Scrivo per scomparire, per accettare la morte. Come se fossi morta. (…) Infilarsi nella scrittura, se da un lato mi consuma, dall’altro mi alleggerisce la vita: mi guardo come rappresentazione”.