La lingua del gioco

“Perchè non hai aperto alla signora Gardoni?” mi dice Grazia rientrando dal lavoro.
“Non ho sentito suonare. Forse non ha premuto bene il pulsante del citofono…”
“Si, certo… O forse è che sei diventato proprio duro d’orecchi. Ormai ti sta capitando sempre più spesso…”
“Sarà… Però quando hai suonato tu ho sentito. Infatti ti ho aperto…” rispondo seccato. Mi infastidisce sempre un po’ quando mi dice che sto diventato sordo, anche se probabilmente ha ragione.
“Va bè, non importa, voleva solo regalarci un cestino delle sue albicocche, sai, quelle delle piante che ha in cortile… Aveva capito che eri in casa perché ti ha sentito parlare con le gatte…”
In effetti, ero in camera da letto con la finestra spalancata… proprio la finestra rivolta verso casa sua… Certo che, la signora Gardoni, nonostante l’età, a quanto pare ci sente ancora benissimo… O forse stavo facendo davvero un gran casino…
“Allora avrà pensato che sono un deficiente.”
“Ma… Non so… Tu che ne dici?” mi risponde Grazia con aria innocente…
Per un momento mi immagino la nostra vicina che ascolta perplessa quell’insieme di versi inarticolati che emetto quando gioco con le gatte… Si sarà divertita un sacco la vecchia berlusconiana… Già, perché mica me la scordo quella bandiera di Forza Italia appesa sopra il suo portone d’ingresso all’epoca della prima vittoria elettorale del Cavaliere… E neanche il suo sorriso strafottente quando in quei giorni ci incrociavamo per strada… Me ne deve regalare di albicocche la signora Gardoni… Provo un po’ di disappunto al pensiero di lei che di nuovo se la ride alle mie spalle…
Poi però mi ricordo di tutte le volte in cui l’abbiamo ascoltata divertiti mentre si rivolgeva al suo cane urlando come un’invasata… “UGO!!! Vieni qua che ti riempio di legnate… Guarda cos’hai fatto brutto maiale… UGO!!! Oh, quando ti acchiappo…” e giù imprecazioni che neanche un camallo del porto di Genova… che risate… Anche ora fatico a trattenere un sorriso… la signora Gardoni che parla con UGO!!!… Forse ci somigliamo più di quanto sono disposto ad ammettere…
Comunque è vero. Non che sono un deficiente, no… Che parlo con le nostre gatte. Soprattutto con una delle due, in verità…
Ci sono capitate a pochi mesi di distanza l’una dall’altra, entrambe cucciole.
Lola, la prima, è una soriana tigrata di colore grigio. Elegante e magrissima, è una gatta molto dolce e riservata che riesce a trasformarsi in una belva feroce solo quando si trova di fronte un veterinario.
E’ stata la realizzazione di un desiderio a lungo coltivato da Grazia dopo la morte di Mimì, la nostra amatissima gattina tricolore. Credo che di ciò Lola si sia resa conto perché è stata, fin da subito, la “sua” gatta. Quando siamo sul divano è sempre da lei che sceglie di andare ad accoccolarsi e se la lasciamo dormire con noi è tra le sue gambe che decide di addormentarsi. Col tempo è diventata molto affettuosa anche con me, ma rimane la gatta di Grazia.
Le nostre conversazioni, quelle mie e di Lola, ruotano inevitabilmente intorno al cibo. Lei non te lo chiede quasi mai. Quando lo fa, di solito ti sta prendendo in giro… Io ci casco sempre e mi sforzo inutilmente di trovare dei buoni argomenti per convincerla ad ingoiare almeno qualche croccantino. A volte lo faccio con dolcezza, altre con esasperata ruvidità. Il risultato, comunque, è invariabilmente il medesimo: non mangia.
E poi c’è Molly… Ricordo bene il giorno in cui, con un colpo di mano, si è deciso il suo ingresso in famiglia.
Era stata una giornata di lavoro veramente pesante. Avevo effettuato, con l’aiuto di alcuni colleghi, un accesso informatico all’azienda che stavo sottoponendo a controllo, perciò era stata tutto un… “Allontanatevi immediatamente dalle vostre postazioni di lavoro e dal PC… nessuno tocchi nulla sulla propria scrivania… ognuno rimanga nella propria stanza e non si allontani per nessun motivo, nemmeno per andare in bagno… Signora, cosa sta mettendo in borsetta? No, la chiavetta no, la lasci al suo posto… ” e così via… E poi l’acquisizione di copia del contenuto di tutti gli hard disk dei PC… Una vera sfacchinata…
Non posso dimenticare la faccia dell’amministratore delegato e dei suoi collaboratori… e nemmeno lo sguardo con cui, per l’intera giornata, ha inutilmente cercato di incenerirmi…
Comunque…
Arrivo stravolto all’ora di cena e mi stanno aspettando Grazia, le mie due figlie Valeria e Federica e Mathieu, il ragazzo francese di Valeria. Saluto frettolosamente, butto la giacca sul divano e mi vuoto un bicchiere di vino, sperando che mi aiuti a sciogliere la tensione accumulata. Ci sediamo a tavola e iniziamo a chiacchierare… mi domandano un resoconto della giornata, sembrano sinceramente interessati, ma alcuni sguardi scambiati di sottecchi tra le mie figlie e Grazia al termine del racconto mi lasciano perplesso.
“Che strano… Sarà successo qualcosa? … Boh, forse sono solo io che sono stanco…” penso, ma proprio in quel momento si produce uno scarto improvviso nella conversazione e il clima della serata di colpo muta… Sento una tensione palpabile… “Papà, ti dobbiamo parlare” dichiara Chicca con un sorriso che, chissà perché, non mi sembra per niente rassicurante.
Senza attendere una mia risposta, prosegue… “Nostra cugina Giulia, ieri sera mentre rientrava, ha sentito un miagolio provenire da sotto un’automobile parcheggiata proprio davanti a casa. Era un miagolio debole ma così disperato che non ha potuto fare a meno di fermarsi. Quando si è chinata per capirci qualcosa di più ha intravisto una gattina minuscola, che se ne stava nascosta tutta sola dietro una ruota dell’auto. Ovviamente non poteva lasciarla là sotto, sarebbe morta di fame o schiacciata da qualche macchina. Perciò l’ha portata a casa. Papà, dice che è proprio bellissima…”
Sono sinceramente commosso dal racconto, ma anche un po’ sollevato, chissà cosa mi aspettavo…
“Ha fatto bene Giulia. Del resto, che alternativa aveva? Non poteva certo fregarsene… Sarebbe stata destinata a morte certa! E poi così anche le cuginette avranno finalmente una gattina tutta per loro, l’hanno sempre desiderata… Basta vedere quante coccole fanno a Lola quando ci vengono a trovare… Sono proprio contento…”.
Gli sguardi di compatimento che tutte mi rivolgono (tranne Mathieu, che all’epoca non capiva un accidente di italiano) mi fanno però subito capire che deve essermi sfuggito qualcosa di fondamentale nel racconto di Chicca… L’avrò interrotta prima del termine?
“Dai papà… lo sai anche tu che la zia e le cugine sono tutte quante allergiche al pelo del gatto… Giulia vorrebbe tanto tenerla, ma proprio non possono… L’hanno sfamata e lavata, ma ora devono trovarle una sistemazione… E’ proprio di questo che ti volevamo parlare…”
Comincio finalmente a capire dove si sta andando a parare…
Cerco di fare argine… “Bè, capisco, ma certo non da noi, abbiamo appena preso Lola… E poi io e mamma siamo spesso fuori casa e voi ormai ci siete raramente… Come faremmo ad occuparcene?”
Argomentazione debole e troppo difensiva, me ne rendo conto già mentre la espongo… Grazia infatti ne approfitta subito e affonda il colpo…  “E’ proprio questo il punto. Lola ha bisogno di compagnia. Che ci fa in casa tutto il giorno da sola? Sarebbe una bellissima cosa anche per lei se decidessimo di prendere anche questa gattina. In fondo, una o due che differenza fa?”
Il fronte a favore è compatto… Meno male che almeno Valeria è troppo occupata con la traduzione simultanea per intervenire… Comunque mi bastano i suoi sguardi per capire da che parte sta…
Sarà che sono davvero molto stanco, ma a me sembra che una o due la differenza la faccia, eccome se la fa… Raddoppio delle cassettine da pulire, del cibo e della sabbia da comprare, dei trasportini per Formaga, dei disastri da rimediare… anzi no, quelli aumenteranno al quadrato… chissà che combineranno in due quando si metteranno a giocare…
“Ragazze no. Mi spiace ma non se ne parla proprio. Un altro gatto no.”
Momento di silenzio… Poi Chicca mi guarda e, con aria di sfida dice “Ok. Allora votiamo.”
E’ finita 3 a 2, a favore naturalmente. Mathieu mi ha sostenuto con il suo voto ma non è bastato… Comunque ho apprezzato il tentativo di arruffianarsi il maschio di famiglia…
Così il giorno dopo è arrivata Molly. Uno scricciolo che stava tutta sul palmo di una mano. Era conciata da buttare… Nonostante il lavaggio della sera precedente era lurida, piena di parassiti e magrissima.
Quando nel pomeriggio sono rientrato dal lavoro, ho trovato questa cosina tutta occhi, orecchie e di colore indefinito che caracollava per casa come un ubriaco, cercando con stolida determinazione di fare amicizia con Lola che, se solo avesse potuto, se la sarebbe invece mangiata…
Come se non bastasse, aveva anche la diarrea e si scaricava ovunque le capitasse, tranne che nella cassettina con cui veniva inutilmente rincorsa…
Sono seguite tre settimane di cure e di rieducazione piuttosto impegnative… di particolare difficoltà è risultato l’addestramento alla comprensione e al rispetto dei rudimenti del vivere civile. E’ stata soprattutto Chicca, che in quel periodo era a casa, a farsene carico. Credo che in alcuni di quei momenti abbia sinceramente stramaledetto l’esito della votazione che proprio lei aveva  proposto… Comunque ha funzionato…
A questo punto, Grazia ed io siamo pronti per il grande passo… “Che dici, stasera teniamo le gatte con noi in camera?”
La notte scorre abbastanza tranquilla, sono buone, ci lasciano dormire, Lola accoccolata vicino a Grazia, Molly tra noi due… Verso mattina iniziano a muoversi… A un certo punto mi accorgo che Molly mi è salita sulla schiena… Dopo poco sento caldo, caldo e umido… Cazzo, vuoi vedere che mi sta pisciando addosso? Mi alzo di scatto smoccolando, entrambe le gatte schizzano via spaventate… Porca… mi ha proprio pisciato sulla schiena…
Ancora non so se quel gesto fosse dovuto a un baco nel programma di rieducazione, ad una tardiva punizione inflittami per il mio voto contrario o a un originale tentativo di marcare il territorio, certo è che proprio da quel giorno il nostro rapporto si è fatto “speciale”. Comincio a pensare che Molly abbia scelto quel modo per nominarmi “umano di riferimento”.
Da allora sono io quello a cui chiede da mangiare ed è sul mio petto che viene ad accoccolarsi quando sono sdraiato sul divano a leggere o a guardare la TV. E’ a me che chiede le coccole (tante) e sono sempre io quello interpellato come compagno di gioco (a meno che non ci sia Chicca).
Naturalmente tutte queste richieste non sono silenziose, ma sono formulate con una vasta gamma di miagolii, di gesti e di sguardi. E io rispondo. A volte lo faccio con parole… “Sì, adesso vengo, un attimo, mica starai morendo dalla fame? … Dai, salta su, vieni in braccio… Forza Molly, prendi la pallina… Brava la mia cucciola…”. Fin qui, potrebbe essere tutto più o meno normale…
Ma a volte la conversazione si fa più impegnativa, richiede un salto di qualità… Allora comincio a borbottare parole o esclamazioni del tutto prive di significato, in una sorta di delirante grammelot inventato sul momento, accompagnate da gestualità alla “Frankenstein” versione Mel Brooks… E’ la lingua del gioco. Allora Molly, che non aspetta altro, parte subito alla ricerca di un nascondiglio per tendermi un agguato e, quando la scopro, iniziamo una folle corsa per la casa rincorrendoci a vicenda, proseguendo poi con le innumerevoli varianti del nostro ormai collaudato repertorio… Ci divertiamo parecchio, in verità… Alla faccia della signora Gardoni… Lola e Grazia di solito ci osservano con amorevole compatimento…
Qualche giorno fa Chicca, dopo aver assistito ad una di queste “performance”, mi ha detto: “Sai papà, con Molly fai le stesse cose che faceva il nonno Renato quando giocava con me e Valeria da piccole!”
Non ci avevo mai pensato prima, ma Chicca ha ragione, era così che mio padre giocava con le mie figlie, gli stessi versi, gli stessi gesti, ora me lo ricordo bene… Quel padre serio e severo aveva saputo trasformarsi in un nonno mite e affettuoso, sempre disponibile al gioco e allo scherzo con le nipotine, che infatti lo ricordano con grande tenerezza. Vuoi vedere che Molly mi sta addestrando a diventare un buon nonno?

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