“Mattina dopo mattina, per cinquant’anni, mi sono trovato davanti alla pagina successiva indifeso…”

“Mattina dopo mattina, per cinquant’anni, mi sono trovato davanti alla pagina successiva indifeso e impreparato. Scrivere per me è stata una lotta per la sopravvivenza. A salvarmi la vita è stata l’ostinazione, non il talento. Ho avuto la fortuna di non essere interessato alla felicità e di non provare alcuna compassione per me stesso. Tuttavia, perché mi sia dovuto imbarcare in una tale impresa non so proprio dirlo. Forse scrivere mi ha protetto da minacce ancora più terribili”. (Philip Roth)

“Chi non ha sentito qualcuno lamentarsi che oggi sono più quelli che scrivono che quelli che leggono, e che tutti vogliono essere scrittori?…”

“Chi non ha sentito qualcuno lamentarsi che oggi sono più quelli che scrivono che quelli che leggono, e che tutti vogliono essere scrittori? Ma non è forse un bisogno di storie, di narrazioni, quello che spinge molti a scriverne, parlando di sé o di altri che con loro, in qualche modo, hanno comunque a che fare? Non è, questo bisogno, un tentativo di far fronte a un vuoto, il vuoto di storie che un tempo assegnavano a ciascuno di noi un posto, o la speranza di un posto, nella Storia?”. (Francesco Ponti)

““(…) sei terrorizzato dall’idea di dover mettere in gioco qualcosa di più di quel te stesso…”

““(…) sei terrorizzato dall’idea di dover mettere in gioco qualcosa di più di quel te stesso velato dai personaggi dei tuoi romanzi. (…) Di questo hai paura: di non essere capace di quell’onestà necessaria perché uno scrittore venga letto”. (Michele Marziani)

“Quello che importa è ascoltare se stessi e lasciarsi dire le cose. Se non scrivi subito la poesia che ti viene…”

“Quello che importa è ascoltare se stessi e lasciarsi dire le cose. Se non scrivi subito la poesia che ti viene, la perdi. (…) Per scrivere poesia bisogna già essere abituati ad ascoltare sé. La poesia è qualcosa della nostra anima che dice ciò che noi non conosciamo. Ascoltarsi vuol dire: quando io ho rapporti con il mondo, con la natura, con gli altri che cosa succede dentro di me?”. (Franco Loi)

“Quello che scrivo appartiene in tutto e per tutto all’ordine di ciò che ho vissuto: nulla è deciso in anticipo…”

“Quello che scrivo appartiene in tutto e per tutto all’ordine di ciò che ho vissuto: nulla è deciso in anticipo, il libro viene costruendosi secondo la memoria. Non è un concetto che si sviluppa: per la precisione, l’oggetto è costantemente in fuga. (…) La letteratura è l’esatto contrario di una disciplina. È un dare forma al desiderio”. (Annie Ernaux)

“Fino ai primi anni del millennio nuovo ho ricevuto e scritto corrispondenze consegnate dal postino…”

“Fino ai primi anni del millennio nuovo ho ricevuto e scritto corrispondenze consegnate dal postino. Le comunicazioni oggi tra innamorati vanno più svelte e certo non rimpiango il tempo dei sentimenti affidati al servizio postale. Resto affezionato alla scrittura a mano per le storie, che non hanno premura di consegna e vengono da così lontano da aver preso l’adagio del fruscio della mano sopra il foglio”. (Erri De Luca)

“La letteratura (…) ti permette di conferire un senso anche agli errori biografici…”

“La letteratura (…) ti permette di conferire un senso anche agli errori biografici, perché li ricicla in propellente per la tua narrazione. Allora anche le tue nefandezze, le tue vigliaccherie passate hanno la chance di venire redente. È il falò delle tue compromissioni. La catarsi. La rinascita. La salvezza”. (Vladimiro Bottone)

“Le idee del romanziere non stanno nelle opinioni espresse dai suoi personaggi…”

“Le idee del romanziere non stanno nelle opinioni espresse dai suoi personaggi, o nelle loro introspezioni, ma nella situazione che ha inventato per loro, nella giustapposizione dei diversi personaggi (…). È nella loro densità, nella loro consistenza, nella loro esistenza vissuta, resa tangibile in tutti i diversi particolari, che le sue idee vengono metabolizzate. (…) le idee del romanzo si incarnano nel focus morale del romanzo. Lo strumento con cui il romanziere pensa è la scrupolosità del proprio stile”. (Philip Roth)

“Probabilmente hai una buona padronanza della lingua e sei in grado di comunicare idee usando le parole…”

“Probabilmente hai una buona padronanza della lingua e sei in grado di comunicare idee usando le parole. Ma questo non significa che tu possa scrivere un libro. Mettiamola così: corro da quando avevo circa un anno. Da quasi 40 anni! Ma non potrei mai correre una maratona. Non ne sono fisicamente capace, anche se posso correre per qualche miglio di seguito. Scrivere un libro è una maratona. Devi allenarti per farlo, fare pratica, capire i tuoi punti di forza e i tuoi punti deboli e lavorare duramente per superarli. Hai bisogno di un aiuto, di un riscontro, di un sostegno e ci devi provare molte volte prima di correre la tua gara migliore. Scrivere un libro che qualcun altro vuole leggere è correre la tua maratona più veloce. Nessuno ci riesce al primo tentativo e pochi scrittori possono aspettarsi di avere la resistenza necessaria senza un allenamento rigoroso”. (Kate McKean)

“Che colpisca un individuo o un popolo, che sia episodica e deflagrante oppure continuativa, non c’è esperienza traumatica…”

“Che colpisca un individuo o un popolo, che sia episodica e deflagrante oppure continuativa, non c’è esperienza traumatica che, per salvarsi, non richieda un racconto. Epopea letteraria o rivelazione fatta dal bambino abusato a un caregiver alternativo, ogni trauma ha bisogno di una storia per essere, quando possibile, elaborato. A maggior ragione quando è così precoce da non poter far altro che rifugiarsi, sotto mentite spoglie, nel corpo. (…) Possedere la nostra storia, il suo racconto, ci restituisce a noi stessi. Troppo spesso la sofferenza è storia non raccontata: dare parole al passato è curarlo”. (Vittorio Lingiardi)

“(…) ricreando, rivivendo immagini, persone, vicende, situazioni psicologiche e morali…”

“(…) ricreando, rivivendo immagini, persone, vicende, situazioni psicologiche e morali già celebrate nella propria poesia, si vive ulteriormente, e non d’obbligo nel rifugio del passato. Semmai nella riflessione che è riflesso scalfito sulla coscienza interrogata, riscossa. Nel tempo ritrovato si ritrova lo spazio per l’eco, la proiezione in avanti delle prove passate, sullo schermo dove tornano ad agire le ombre concrete della irreversibile fusione, o diciamo pure confusione, di scelte di vita e di poesia”. (Nazim Hikmet)