Per un’economia politica critica

Clara E. Mattei, L’economia è politica, Fuori scena 2013, (pp. 192, ero 16.50)

“Il capitalismo ha i secoli contati”, titolava un suo libro un economista certo non sospetto di intenti apologetici come Giorgio Ruffolo, ed “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, affermava provocatoriamente Fredric Jameson, grande critico della postmodernità. Del tutto opposta la posizione dell’autrice italiana, insegnante in un’università statunitense dove, caso più unico che raro, lo studio dell’economia non si è allineato alla corrente oggi dominante, quella che ha naturalizzato l’economia, depoliticizzandola, e condannandoci così alla rassegnazione e a un sostanziale consenso passivo nei confronti delle scelte economiche.

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Con gli occhi di una bambina

Claire Keegan, Un’estate, Einaudi 2023 (pp. 80, euro 12)

La riconosciamo subito, da quel suo dire senza dire, o senza dire tutto: come in Piccole cose da nulla (in queste note all’inizio dello scorso febbraio), la scrittrice irlandese ci racconta di una bambina, della sua famiglia numerosa, della madre in attesa di un altro figlio, del padre che giocando a carte “ha perso la nostra Shorthorn rossa” (e non si tratta di un’automobile: era una vitella, risorsa non trascurabile nel misero bilancio familiare). L’estate che dà il titolo a questo romanzo breve da cui l’anno scorso è stato tratto il film The quiet girl – è quella che la protagonista passa presso un’altra famiglia, i Kinsella: una coppia che ha perso l’unico figlio – annegato in una vasca di liquame: è una campagna per niente idilliaca quella in cui si svolge la storia – e che accoglie con un affetto e una sensibilità per lei inusuali la piccola ospite.

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Lo sguardo degli altri

Tzvetan Todorov, La vita comune. L’uomo è un essere sociale, Raffaello Cortina Editore 2023 (pp. 214, euro 14)

Sociale o politico che dir si voglia, che l’animale uomo non sia vocato alla solitudine e all’isolamento l’aveva già detto Aristotele: perché un intero un libro per ribadire il concetto? Perché quella constatazione – sin dall’inizio osteggiata da alcuni sofisti, per altro, per i quali la polis non realizzava ma limitava le potenzialità umane – è stata nei fatti a lungo contraddetta dal fior fiore dei pensatori europei, convinti assertori del fatto che “il rapporto con gli altri uomini è un fardello di cui bisogna tentare di alleggerirsi” e che “l’approvazione che richiediamo al prossimo non è altro che una colpevole vanità che l’uomo saggio non potrebbe mai tollerare; il saggio aspira all’autarchia, all’autosufficienza”.

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La legge nascosta dei destini

Emanuele Trevi, La casa del mago, Ponte alle Grazie 2023 (pp. 256, euro 18)

“‘Lo sai com’è fatto’. Quando mia madre mi parlava di mio padre ci metteva poco ad arrivare al punto, sempre lo stesso: per affrontare qualunque faccenda con quell’uomo enigmatico, con quel cubo di Rubik sorridente e baffuto, bisognava sapere-come-era-fatto. (…) Era evidente, d’altra parte, che non lo sapeva nemmeno lei com’era fatto, non lo sapeva nessuno”.

Se è vero che l’incipit rivela fin dall’inizio la qualità di un romanzo, questo di Trevi ne è la riprova. Apri il libro, leggi la prima pagina, la giri e a metà della seconda hai deciso: devi leggerlo tutto. E intanto ti chiedi che cosa ti ha conquistato e ti fa continuare.

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Il male su questa terra

Paolo Cognetti, Giù nella valle, Einaudi 2023 (pp. 128, euro 16)

Un cane che ne azzanna un altro e lo uccide per essere lui ad accoppiarsi. La femmina, testimone dello scontro, si concede al vincitore, che “l’annusò con gentilezza, si lasciò annusare. L’odore che lei sentì era di bosco, di terra, di foglie e del sangue del cane che aveva appena ucciso. Le venne voglia di leccarlo, e lo leccò. Poi lui la prese e così la sua infanzia era finita per sempre”. Possono Hemingway, o Carver, incrociarsi con Rigoni Stern? Cognetti pare dimostrarne la possibilità, in un racconto che per sua stessa ammissione ha nel Vecchio e il mare e nel London del Richiamo della foresta i suoi antecedenti, ma a Rigoni rimanda come al suo “grande maestro”.

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Oggi, domani / Annie Ernaux

“(…) non ho mai smesso di sentire l’attrattiva dell’ipermercato e della vita che si svolge al suo interno. Può anche darsi che questa vita – collettiva, sottile, specifica – sparisca presto, di pari passo con l’avanzare di nuovi sistemi commerciali individualistici, come gli acquisti online e la modalità ‘drive’ che, pare, sta prendendo sempre più piede tra le classi medie e alte. Forse da adulti i bambini di oggi ricorderanno con nostalgia la spesa all’Hyper Um come adesso gli ultracinquantenni conservano la memoria delle drogherie cariche di odori del passato, dove si ‘prendeva il latte’ con un bricco di metallo”.

Un provvido scetticismo

J.M. Coetzee, Il polacco, Einaudi 2023 (pp. 128, euro 17)

Witold, un pianista polacco, settantenne, solo; Beatriz, una signora di Barcellona, quarantenne, sposata (anche se il suo matrimonio è di quelli che si reggono sull’abitudine, una sostanziale amicizia e parecchie cose che non si dicono). A farli incontrare, un concerto del pianista, che esegue il suo Chopin, assai poco simile al musicista romantico che Beatriz conosceva. Parlano inglese perché lei non capisce il polacco e lui lo spagnolo, e questo rende ancor più difficile comunicare se non in modo formale – secondo Coetzee, l’inglese, quando non è lingua madre ma convenzione linguistica imposta imperialisticamente, è un idioma in cui non si possono dire molte cose, l’amore per esempio.

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Il tempo, la vita, gli altri / Karl-Markus Gauss

“L’atto di scomparire è una cosa che mi affascina, e che nondimeno cerco di contrastare con tutte le mie forze intellettuali, tant’è che un po’ ovunque mi sono mosso sulle tracce di ciò che va scomparendo, che siano lingue, nazionalità, tradizioni, forme (…). Sempre mi trovo a voler salvare dall’oblio qualcosa che rischia di svanire, anche se non tutti devono per forza essere salvati”.

Chichita, amore mio

Italo Calvino, Lettere a Chichita 1962-1963, a cura di Giovanna Calvino, Mondadori 2023 (pp. 192, euro 14)

La conoscenza con Esther Judith Singer, detta Chichita, giunge dopo due anni in cui Calvino non ha scritto opere narrative: “Io forse non scrivo più e vivo bene lo stesso”, è arrivato a dire, nel maggio del ’61, all’amica Natalia Ginzburg. A un anno di distanza, tuttavia, il desiderio di lavorare a nuovi progetti è tornato: “Sono stanco della vita che faccio. Il lavoro editoriale (…) un mare di libri che non si ferma mai, occuparmi di tutti i libri di tutti gli altri, ma non potermi occupare dei libri miei”.

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Una profondità domestica e straniera

Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico, Einaudi 2023 (pp. 178, euro 12)

Non è semplicemente ottima divulgazione, quella di Lingiardi: come nel precedente saggio sul narcisismo (Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo, in queste note a fine ottobre 2021), è la capacità del narratore, del tema ma anche del cammino personalmente percorso per affrontarlo, a rendere accattivante il discorso e a chiamare in causa il lettore e la sua diretta esperienza. Tanto più quando di tratta di un’esperienza comune come quella del sogno, dimensione che “abita una profondità domestica a straniera, un altrove sconosciuto e nostro”, “ultimo spazio – forse – di vita privata”. Ma sempre sfuggente, perché “c’è qualcosa che appartiene al sogno che non riusciamo a consegnare alla veglia”, nonostante ci sforziamo di ricordare, di raccontare spesso, quel che nel sonno abbiamo vissuto.

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Luoghi piante animali uomini / Paolo Legrenzi

“La natura è più grande di noi perché ci circonda, ci avvolge, ci accompagna insieme a tutto ciò che vive sulla Terra. Più grande di noi perché siamo come ‘bambini’ presenti su questo pianeta da duecento millenni o poco più, mentre molte altre specie animali sono i ‘grandi’ che ci hanno preceduto e ci accompagnano”.

Partenze

Carlo Simoni, Partenze, Secondorizzonte-Liberedizioni 2023 (pp. 280, euro 15)

Una partenza destinata a restare un proponimento, quella di Jean Jacques Rousseau; a lungo vagheggiato, e sempre rimandato, il distacco dalla propria città di Vittore Carpaccio; fino all’ultimo incerto, quanto ai motivi che lo ispirano, il viaggio di Michel de Montaigne. A ciascuno di essi, la partenza appare comunque l’evento nel quale si intravede la possibilità di una vita nuova, di una cesura nella propria esistenza, ma, nello stesso tempo, impone una decisione che obbliga a riflettere sull’alternativa, il restare, che non meno del partire comporta una scelta consapevole e impegnativa.

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Il bisogno di denaro e la paura della morte

Claudio Piersanti, Ogni rancore è spento, Rizzoli 2023 (pp. 288, euro 19)

Il titolo richiama alla mente il romanzo di Vita Sackville-West, Ogni passione spenta, ma qui di passione non ci sono tracce. A meno che il rancore non lo si voglia annoverare fra quelle passioni tristi che caratterizzano il nostro tempo. È infatti una rabbia sottotraccia a dominare il protagonista, un sentimento che trae origine dalla storia familiare, segnata dal solito padre assente e dall’altrettanto ricorrente figura della madre vittima della prepotenza disinvolta del consorte. L’autore – ed è questa la parte più convincente del romanzo – fa emergere poco alla volta un carattere, un modo di stare al mondo che è andato via via formandosi in questo brillante viceprimario, sempre aggiornato ma anche attento al suo tornaconto (in nome del quale ha abbandonato l’ospedale pubblico per la clinica privata in cui vecchi danarosi concludono le loro esistenze), diagnosta geniale, affabile quanto basta con i colleghi e comprensivo con i pazienti.

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Il tempo, la vita, gli altri / Élie During

“Essere umano, essere una persona (…) richiede un continuo sforzo di aggiustamento, motivo per cui è così faticoso essere una persona, (…) una distrazione o un rilassamento fondamentale, una fatica di essere, minaccia in ogni momento di interrompere lo ‘sforzo estenuante’ richiesto per dare ai proprio pensieri e alle proprie azioni la continuità che permette di riconoscere una persona”.

Un intrico di minacce incombenti

Nancy Fraser, Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunità e il pianeta, Laterza 2023 (pp. 204, euro 20)

“Un intrico di minacce incombenti e di problematiche in atto” gravano sul nostro mondo: dal “debito schiacciante” ai “servizi in calo”, dall’“irrigidimento delle frontiere” a “pandemie letali e condizioni meteorologiche estreme, il tutto sovrastato da disfunzioni politiche che inibiscono la nostra capacità di immaginare e di implementare soluzioni”. L’inizio ci riporta là dove ci aveva lasciato la diagnosi di Nouriel Roubini (in queste note nello scorso maggio), ma l’autrice promette di andare oltre, “diagnosticando le cause della malattia e – soprattutto – facendo i nomi dei colpevoli, l’una e gli altri accomunabili nella formula che dà il titolo al libro: capitalismo – un termine che solo di recente pare essere ricomparso nel discorso pubblico – non semplicemente come sistema economico, ma come “tipo di società”; cannibale perché ne è costituiva la necessità di divorare tutto ciò che non rientra – non si vuole rientri – nella contabilizzazione economica: dalle risorse delle comunità al lavoro di cura, dagli ecosistemi ai beni comuni, dai poteri pubblici alle energie dei lavoratori e alle capacità di azione collettiva.

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