Un’altra scuola è possibile?

Nulla, oggi, può apparire più scontato della scuola, dell’“andare a scuola”… un diritto conquistato a fatica contro ostacoli di ogni tipo, contro pregiudizi, alibi culturali, fattori politici, denunce del campo religioso… una volta dichiarata obbligatoria (e – sembrava – gratuita) si ritenne raggiunto l’obiettivo e l’attenzione si rivolse a problemi più “urgenti” lasciando questo settore strategico per l’intera società nelle mani di “addetti ai lavori”, che si sono rivelati spesso incompetenti e incapaci. Per Maria Montessori un paese che non ha a cuore l’istruzione dei bambini e dei giovani è un paese senza futuro.

Con il passar del tempo, come tanti altri diritti, anche quello di una scuola pubblica di qualità, aperta veramente a tutti, di un’educazione/istruzione nel più ampio significato è stato compromesso.

Sotto ogni bandiera politica i “tagli” alla scuola – soffocata in una selva di regole, decreti, decisioni lontane dalle sue finalità – sono stati devastanti ed hanno portato a situazioni insostenibili “corrette”, per continuare a rispondere il più possibile alla sua vera natura, dalla buona volontà e professionalità di persone presenti nelle istituzioni scolastiche. Ma questo non può essere sufficiente e ce ne rendiamo sempre più conto.

Anche la scuola è diventata una “merce”, un “prodotto di mercato” per cui deve rispondere alle sue esigenze preparando giovani capaci di servire “il” e “al” sistema economico e politico attuale?

Negli ultimi anni ai dirigenti scolastici è stato chiesto, in pratica, di divenire “imprenditori” e di gestire con logiche quasi economiciste un patrimonio comune che non ha nulla a che vedere con leggi e interessi finanziari.

La logica del mercato vuol trasformare il diritto universale all’educazione in un bene di consumo con l’obiettivo di creare persone “competenti” e “produttive”, “funzionali al sistema”. Chi non ha le stesse opportunità diviene manodopera a buon mercato, con sempre meno diritti, a rischio di esclusione, con un futuro incerto.

Quando alla scuola si chiede un qualche profitto, significa che non è più considerata uno degli strumenti principali per la democrazia, se ne perde totalmente il significato e la ragion d’essere.

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