Luigi Ferrajoli, Per una costituzione della terra. L’umanità al bivio, Feltrinelli 2022 (pp. 204, euro 20)
Una “federazione di popoli” estesa a tutta la Terra: quella che a detta dell’autore stesso può apparire “un’idea chimerica”, tanto più in giorni segnati dal ritorno della guerra in Europa, risulta in realtà essere “l’inevitabile via d’uscita dai mali che gli uomini si procurano a vicenda”. A dirlo non è l’autore, ma – pochi anni prima della Rivoluzione francese – Immanuel Kant, convinto che gli Stati debbano “rinunciare, come i singoli individui, alla loro selvaggia libertà (senza leggi), sottomettersi a leggi pubbliche coattive e formare uno Stato di popoli”. Si tratta, secondo Luigi Ferrajoli, di “una chiara, sicura previsione del costituzionalismo globale” prospettato in questo libro e diffusamente illustrato in altre sedi (come il sito www.costituenteterra.it). Non è, questa, una delle tante, per quanto apprezzabili, prediche inutili ma un discorso circostanziato e rigoroso quanto lo può essere quello di un giurista e filosofo del diritto e della politica capace di mettere in luce “l’imprevidenza e l’inadeguatezza dei nostri sistemi politici” di fronte alle emergenze che la pandemia ha soltanto reso più evidenti e di dimostrare che l’unica risposta all’altezza delle “catastrofi globali” che incombono è “l’allargamento a livello planetario del paradigma del costituzionalismo” affermatosi “all’indomani della liberazione dai regimi fascisti”. Catastrofi ecologiche, minaccia di guerre nucleari, lesioni delle libertà e dei diritti fondamentali, sfruttamento illimitato del lavoro, migrazioni di massa: “le tante carte e convenzioni sui diritti umani” hanno dimostrato la loro inconcludenza in una realtà nella quale “l’umanità forma già una società civile planetaria”, “attraversata – tuttavia – da conflitti e confini che le impediscono di affrontare i suoi tanti problemi globali”, irrisolvibili da parte degli Stati nazionali, strutturalmente impossibilitati a contrastare i “crimini di sistema” commessi dall’“anarcocapitalismo globale”, crimini anche se non riconosciuti come reati in quanto – secondo una visione giuridica arretrata e sclerotizzata – non classificabili come “illeciti penali”.
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