Luoghi cose musei / Il futuro di Santa Giulia e del Musil. Quale museo per questa città?

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Abbiamo una struttura storica che va riallestita e un progetto sul lavoro da aggiornare. Trasformare la logica collezionistica in narrativa e trovare soluzioni accattivanti.
Dal Corriere della Sera (Brescia) del 21 ott 2016

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Un quesito decisivo quello che fra altri, non meno importanti, si è ascoltato nell’incontro sulla cultura a Brescia tenutosi all’Aab nei giorni scorsi: il «Museo della città» è ancora attuale o è stato di fatto accantonato o quantomeno ridimensionato, se non travisato?

Senza addentrarsi nell’analisi delle iniziative varate negli ultimi anni e di quelle annunciate, nonché delle loro conseguenze sull’assetto di questo polo culturale, si potrebbe osservare che di un «Museo della città» si è rimasti sempre in attesa, essendo che non può considerarsi tale un museo che ignora la città contemporanea, otto-novecentesca, e la sua evoluzione (urbana, sociale, economica, dei modi di pensare e di vivere): un museo che si ferma al primo Ottocento e non si cura di ciò che sta oltre il ring, un museo che annette solo alla città un tempo entro le mura l’appellativo di storica, non è, non è mai stato un «museo della città». E una città che dimentica, o rimuove, il suo passato recente, che tanta parte ha avuto nella definizione della sua identità, affronta il cambiamento gravata da un’intrinseca fragilità culturale.

Da riflessioni simili è nata trent’anni fa l’idea di un museo che colmasse la lacuna di quello allestito a S.Giulia: un «Museo della cultura urbana e industriale» – questa la dicitura originaria – che raccontasse la vicenda contemporanea di Brescia, delle sue periferie e del suo territorio provinciale, una vicenda esemplare e rappresentativa ben oltre la dimensione locale: la vicenda di una trasformazione radicale che la città non può cancellare ma deve trasmettere in vista di cambiamenti ancor più drastici, come quelli avviatisi negli ultimi decenni.

Qual è la situazione attuale? Un Museo della città, o «di Santa Giulia» come sempre più spesso viene identificato, di cui concordemente si segnala la necessità di un riallestimento, e un Museo dell’Industria e del Lavoro del cui progetto si auspica un aggiornamento, si è sentito sostenere da voci autorevoli: a proposito di entrambi i casi si è richiamata la necessità inderogabile di un sostanziale apporto di informatizzazione, di multimedialità. Richiamo difficilmente contestabile, ma in ogni caso non risolutivo: il Museo della città attende di essere depurato della logica collezionistica che – al di là delle intenzioni, probabilmente – l’ha configurato, facendone un museo in cui prevale l’esposizione del patrimonio archeologico-artistico: una logica non collezionistica ma narrativa, una concezione che vada oltre una visione angusta, non inclusiva e ormai obsoleta di patrimonio per aprirsi alla storia sociale e della cultura materiale della città sono linee direttrici di ogni intervento aggiornato su questo museo.

Analogamente, non tanto sul piano delle metodologie comunicative ma su quello dei contenuti da comunicare il Musil può (ri)trovare un’ispirazione che ne faccia un punto di riferimento scientificamente rigoroso, museograficamente originale, suggestivo dal punto di vista della fruizione e attraente sotto il profilo della frequentazione.

E qui nasce una seconda, inevitabile riflessione, sul rapporto fra cultura e turismo. Un turismo, com’è quello attuale, che non richiede, e non tollera più qualificazioni aggiuntive: culturale, ambientale, enogastronomico, religioso ecc. Il turista di oggi vuole tutto, è curioso interessato a tutto, al museo come alla qualità della realtà urbana che lo attornia, al patrimonio storico-artistico come a quello paesistico, alla cultura dell’accoglienza – che si manifesta anche nelle sfumature delle relazioni che gli si offrono – non meno che ai sapori tipici del luogo. Il turismo di oggi è un turismo esigente e a tutto campo, un turismo culturale nel senso più lato della parola. Oggi più mai che si è legittimati ad affermare che il turismo è cultura, senza per questo disconoscere che la cultura non si esaurisce nel turismo. È un fatto, comunque, che quello che oggi si cerca e si apprezza è soprattutto un valore: la differenza, la non omologazione, e quindi la possibilità che il viaggio, la visita si trasformino in un’esperienza, non semplicemente in uno stacco passeggero. È un turismo, quello di oggi, che risulta miope misurare su tempi brevi e in termini puramente quantitativi. La domanda di fondo che pone – la non omologazione dei luoghi e delle loro culture, la preservazione dei loro caratteri in vista di una fruizione non scontata, attiva e non di puro consumo – chiede politiche lungimiranti per i progetti e le iniziative che tendono ad animarlo. Pena, non solo la dissipazione del potenziale offerto dai luoghi, ma anche la fagocitazione della cultura nell’evento, della crescita culturale nell’effimero dell’audience, della sedimentazione delle conoscenze e delle esperienze nella navigazione di superficie, nel surfing fra nozioni – e immagini, soprattutto – in cui qualcuno pretende di ravvisare la cultura del presente e del futuro prossimo.

È bene, in conclusione, scorrere periodicamente l’agenda degli interventi attesi e dei progetti indilazionabili e tener viva l’attenzione, sulle pagine dei nostri quotidiani, sulla lista delle priorità e il ventaglio delle possibilità concrete e sostenibili, ma è altrettanto necessario non derogare da alcuni orientamenti di fondo, non perder di vista finalità irrinunciabili.

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