Oggi, domani / David Grossman

“È difficile immaginare il futuro in questa realtà che ci soffoca, che ci toglie il domani: quello nostro, quello dei nostri figli e quello dei nostri nipoti. Eppure resto convinto che bisogna combattere contro la paura. Ricordo la storia di un uomo che durante tutta la guerra del Vietnam andava a protestare davanti alla Casa Bianca. Un giorno, un giornalista gli chiese: ‘Pensi veramente di cambiare il mondo?’. L’uomo rispose: “No, ma non voglio che il mondo cambi me”.

Oggi, domani / Maria Anna Mariani

“Non esiste spettatore innocente. Passività e innocenza non sono sinonimi: anche l’inazione è una forma di coinvolgimento. (…) Nella maggior parte dei casi si tratta invece di una posizione moralmente compromessa, anche se non criminalmente colpevole. (…) Le categorie di colpa e innocenza sono insufficienti; così come quelle di distacco e disinteresse. Esistono soggetti implicati che non commettono il danno ma ne traggono profitto o vi sono strutturalmente connessi. È in questa zona grigia della responsabilità che si trova l’Italia. (…) l’Italia appare più che mai come una bystander [spettatore coinvolto] strutturale: spettatrice impotente e complice sistemica. Lo è per scelte politiche, per le dipendenze strategiche, ma anche per un immaginario che non sa più produrre resistenza perché ha smesso di avere paura. E proprio la paura, scriveva Buzzati, è la forma suprema di resistenza alla minaccia nucleare”.

Oggi, domani / Gustavo Zagrebelky

“Si dice tranquillamente che la guerra c’è sempre stata e ci sarà sempre. Non è vero, o meglio non lo sappiamo. Sappiamo che le guerre ci sono state dal momento in cui le società sono state dominate da padroni. E i signori, diceva Kant, sono affamati di guerra. Quando le società si piegano alle signorie, le signorie usano le guerre per i loro fini. La democrazia è – o dovrebbe essere – il regime che non tollera i signori: i signori della finanza, i signori delle armi. La democrazia è un’aspirazione, che ha come obiettivo la distruzione delle oligarchie. All’altare della patria c’è il sacello del Milite ignoto, cui si rende omaggio il due giugno. Io cambierei il nome: non milite ignoto, vittima ignota”.

Oggi, domani / Maurizio Guerri

“Tale è la tendenza estetizzante della fotografia, che il medium che trasmette l’angoscia finisce anche per neutralizzarla [diceva Susan Sontag]: all’interno del regime spettacolare delle immagini che domina lo sguardo globale (…) guardiamo tutto ma non vediamo niente. Questo forse è una delle chiavi che ci consente di comprendere la paralisi estetica e politica davanti al genocidio dei palestinesi. (…) “Guardare tutto, senza toccare niente”, scriveva Walter Benjamin a proposito del rapporto feticistico ed estetizzante che i consumatori di merci e di immagini intrattengono con i prodotti con cui entrano in relazione. Guardare, ma non vedere, quindi impossibilità di prendere posizione nella storia per trasformarla.” 

Oggi, domani / David Bidusssa

“Da una parte minaccia cresciuta in modo prepotente, dall’altra eclissi della pressione dell’opinione pubblica. Cosa lega questi due elementi e che cosa differenzia la scena di allora [anni della guerra fredda] da quella di ora? La scomparsa del futuro. Dietro chi agita la minaccia del nucleare c’è la dichiarazione di non voler cambiare il presente ma di garantire rapporti di forza favorevoli alla propria parte. Contemporaneamente ciò a cui assistiamo è la verticale perdita di terreno di una mobilitazione che chiede un futuro diverso. Negli anni più cupi della guerra fredda la mobilitazione dell’opinione pubblica ha funzionato. Cosa impedisce oggi all’opinione pubblica di funzionare o anche, più radicalmente, di non ritenere vincente una mobilitazione? È la fiducia nel cambiamento che sembra decisamente in declino.” 

Luce d’Eramo / Scrivere, leggere

“Scrivere storie è un solitario stare assieme agli altri (liberatisi in personaggi) senza dar loro impiccio. Forse mi concentro a scrivere perché provo un sollievo straordinario dall’io ingombrante: quando si scrive, ci si annulla nei personaggi e si è liberi da se stessi; la più grande libertà è proprio da se stessi. (…) Siamo sopraffatti dall’io, lo portiamo ovunque, tutto è sempre riferito a noi stessi. Che sollievo invece seguire le proprie vicende personali come se accadessero a un altro: ho quasi imparato a guardare la mia realtà, le mie difficoltà, i miei nemici, con occhio narrativo. Forse proprio il bisogno di scomparire è lo scopo inconscio, il motivo di fondo, la molla dello scrivere. (…) Scrivo per scomparire, per accettare la morte. Come se fossi morta. (…) Infilarsi nella scrittura, se da un lato mi consuma, dall’altro mi alleggerisce la vita: mi guardo come rappresentazione”.

Luoghi piante animali uomini / Luisella Battaglia

“Noi siamo misteriosamente simili agli animali e misteriosamente diversi. Riuscire a gettare anche solo uno sguardo alla loro vita enigmatica, coglierne l’intensità in un sia pur breve lampo, guardare con laico stupore al miracolo della natura significa accogliere con gratitudine il mistero e la grazia che gli animali apportano alla nostra vita”.

Scrivere, leggere / George Saunders

“Capita sempre così. La persona che sono nei miei racconti mi piace di più di quella che sono nella realtà. E’ più intelligente, arguta, paziente, spiritosa – ha una visione del mondo più saggia. Quando smetto di scrivere e torno me stesso, mi sento più limitato, testardo e gretto. Però, quanto mi è piaciuto essere per un attimo, sulla pagina, meno stupido del solito”.

Luoghi piante animali uomini / W.G. Sebald

“Il cane, il depositario del segreto, che supera con agilità gli abissi del tempo perché non conosce differenza tra il XV e il XX secolo, sa certe cose meglio di noi. Il suo occhio sinistro (quello addomesticato) ci fissa con attenzione; il destro (quello selvaggio) riceve un po’ meno luce e sembra assente ed estraneo. E tuttavia proprio da questo occhio un po’ adombrato noi ci sentiamo messi a nudo”.

Oggi, domani / Gustavo Zagrebelsky

“Quelli che noi chiamiamo stati moderni hanno tutti o quasi un monumento al milite ignoto. Un eroe di guerra, un corpo senza nome che è il simbolo di coloro che la guerra la fanno fare agli altri. L’Italia nel primo conflitto mondiale ha fatto la guerra all’Austria, ma i suoi dirigenti hanno mandato in guerra i soldati. Sono loro quelli obbligati a mettere in gioco la vita. La propaganda serve a coprire il sacrificio che compiono, a eccitare gli spiriti con l’amor di patria e l’odio verso il nemico. Bisognerebbe intitolare quelle statue al milite inconsapevole, e chiederci se siamo davvero tutti per la pace”.