L’opacità del presente e la scrittura

Annie Ernaux, Memoria di una ragazza, L’orma 2017 (pp. 236, euro 18)

“Il testo mancante, sempre rimandato”: all’“autobiografia collettiva” che ha decretato il successo di Annie Ernaux anche in Italia (Gli anni, Orma 2015) e a tutto il suo percorso precedente, segnato da più di dieci romanzi, mancava un capitolo.

Credevamo di sapere tutto di lei, o almeno l’essenziale, e invece era rimasto “un buco inqualificabile”, e insieme una sfida che non poteva più essere elusa: quella di “testare i limiti della scrittura” – quasi che i “libri precedenti (fossero) solo approssimazioni” – raccontando finalmente un episodio avvenuto cinquant’anni fa, nella prima giovinezza. Niente di eccezionale: la prima volta, l’iniziazione sessuale, marca tutte le vite, e non è affatto raro il caso che si sia rivelata una delusione, una  smentita, drammatica o grottesca, dell’aspettativa creata dal Desiderio. Ma nell’esistenza  dell’autrice ha segnato un passaggio cruciale, che ha messo in discussione l’immagine ancora labile e indefinita che la diciottenne aveva di sé. L’esito è stato un sentimento pervasivo di vergogna, di inadeguatezza, che si è rappresentato negli eccessi della bulimia e poi in uno stato di  “glaciazione interiore”.

La ricostruzione della propria identità di brava ragazza dovrà pagare il prezzo di una rimozione mai davvero compiuta: il rimosso, in questo caso, più che tornare inaspettato resterà in attesa e infine si imporrà chiedendo di essere riportato alla luce. Attraverso la scrittura naturalmente, alla quale  in quest’ultimo romanzo non si chiede più soltanto di  “salvare qualcosa del tempo in cui non saremo più” (così, negli Anni), ma anche di far luce sull’“incomprensione di ciò che si vive nel momento in cui lo si vive”, sull’“opacità del presente”. Si tratta di un aggiornamento o quanto meno di una precisazione sostanziale: il potere della scrittura non si esercita solo sul passato, ma si estende al presente. Perché – questa l’intuizione con cui il libro si chiude – è proprio “la mancanza di senso di ciò che si vive nel momento in cui lo si vive che moltiplica  le possibilità della scrittura”. Possibilità che sembrano aprire a  una reciproca trasparenza fra passato e presente, a permettere di  “esplorare il baratro tra la sconcertante realtà di ciò che accade nel momento in cui accade e la strana irrealtà che, anni dopo, ammanta ciò che è accaduto”.

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