Il disertore*

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*Il testo è tratto dal racconto di Rina Amadei raccolto a Bedizzole nel 1987

Eravamo quattro fratelli, io la più grande, sette anni, e mio fratello Vittorio, il più piccolo, due anni. Era il tempo della guerra del quindici diciotto; era rimasta lì da sola la mia mamma con quattro bambini.
Mia mamma faceva la sarta; la sera ci metteva a dormire presto e dopo stava alzata a lavorare. Si sedeva al tavolo perchè c’era una piccola lucerna che faceva luce, ed era una cucina piccola con due finestrini alti che guardavano nel brolo.
Una volta era la mezzanotte e lei stava ancora seduta a lavorare; sente che picchiano a quei finestrini. Puoi immaginare che paura avrà avuto.
– Chi mi bussa a quest’ora?
Era già un po’ di tempo che non sapeva niente del marito e di nuovo bussano e la chiamano:
– Virginia, Virginia! Sta zitta e vieni sul tavolo! Apri il finestrino che vedi quel che sono. Sono tuo marito!
Insomma ce n’è voluto… A mezzanotte, in una casa quasi isolata – c’erano i vicini ma stavano un po’ più spostati – come si faceva a fidarsi? Ma a forza di pregarla si è decisa, le sembrava di aver riconosciuto anche la voce.
– Sono scappato – dice lui – va ad aprirmi ma guarda che non ti senta nessuno! Vai ad aprire.
La sera chiudevano il cancello. E allora piano piano, quando si è convinta che era lui, è scesa ad aprire.
– Vieni in casa, vieni in casa.
– Io – dice lui – non vado più via, non parto più e sto qui! Perchè – dice – se vado via mi ammazzano.
Doveva partire per il fronte, ma era un gran rischio e un dispiacere scappare e nascondersi.
– Se vengono a sapere che sei qui ti uccidono!
– Allora è perchè non mi vuoi bene!
Subentravano questi pensieri…
Lei, poverina, per guadagnare qualcosa cuciva le camice dei soldati; gliele portava il maresciallo. Nelle case c’erano molti soldati perché qui era la retrovia. Anzi ce n’erano tre o quattro anche lì nella cascina. Be, insomma, lui è sempre rimasto nascosto. Gli era cresciuta una barba lunga così, non sembrava più neanche lui.
Noi bambini, quando a volte la mamma ci dava qualche sculaccione – ne avremo anche meritati perché quattro bambini ancora ignoranti… – noi le dicevamo:
– Verrà il papà e gli diremo che c’è qui un uomo nascosto.
Anche se, per sicurezza, lui stava attento a non farsi vedere nemmeno da noi, qualche volta ci era capitato di vederlo, magari da lontano, magari quando a volte apriva la porta per respirare, per cambiare aria alla camera. Loro dormivano insieme, ma lui non si faceva vedere, per esempio, ad andare a dormire con la mamma. Ci mettevano a letto prima, ma a volte capitava che la mattina – io ero più matura degli altri – andavo nella loro camera e vedevo nel letto la forma di un uomo, lo toccavo e dicevo:
– Ma è un uomo!
Mia sorella Iole aveva paura; eravamo bambini ignoranti e non sapevamo spiegarci la cosa: non era un soldato, era un borghese, con una barba e di quei capelli… Chi gli tagliava i capelli? Sì, glieli tagliava mia mamma ogni tanto, ma è stato nascosto in casa dieci mesi! Quando mia sorella lo vedeva, magari attraverso l’uscio, si metteva a gridare. E quando la mamma ci rimproverava le dicevo:
– Lo diremo al papà quando verrà a casa, che c’è un uomo nascosto!
Così si sono decisi a rivelare il segreto a noi più grandi; a mio fratello Vittorio e a Iole no perché erano ancora piccoli. Iole aveva tre o quattro anni, io ne avevo tre di più, sette; mio fratello Piero sei, Vittorio due.
Una sera, mi ricordo, avevano messo Vittorio e Iole a dormire e ci avevano messo io e Piero in piedi sulla cassapanca – una volta nelle case, in camera, c’erano le cassepanche – e lui ha detto:
– Sapete chi sono io?
E noi non lo sapevamo, non lo riconoscevamo.
– Io sono il vostro papà. Guardate, io sono il vostro papà! Se lo dite a qualcuno che sto qui, che sono qui in casa, vi butto giù nel pozzo.
E c’è ancora quel pozzo lì. Puoi immaginare che spavento per noi a quell’età lì.
Poi ci ha fatto le raccomandazioni e mi baciava perchè prima non aveva mai potuto neanche baciarci. Ha resistito così per cinque, sei, sette mesi, a vedere i suoi figli senza nemmeno dar loro un bacio. Diceva che ce li dava quando dormivamo, ma piano piano, per non farci svegliare. Col bene che ci voleva!

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