Il posto del passato

Julio Llamazares, Diversi modi di guardare l’acqua, Il Saggiatore (pp. 176, euro 19)

“Una volta lì ci rendemmo conto che il paese non c’era ancora”. Quello di prima era rimasto nella “valle diventata un bacino idrico”: una storia che si è ripetuta spesso nelle regioni di montagna e altre volte è divenuta materia narrativa, come nel caso di Resto qui, di Marco Balzano (in queste note nell’aprile del 2018).
Gli abitanti han dovuto prendere le loro cose e spostarsi dalle montagne alla pianura, su questa terra vergine, da coltivare. Un pantano, una laguna, da bonificare.

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Il tempo, la vita, gli altri / Thomas Browne

“Non ho tanto paura quanto vergogna della morte; essa è veramente l’onta e l’ignominia della nostra natura, e in un momento può talmente sfigurarci che i nostri amici più cari, le mogli e i figli se ne stanno impauriti e sussultano davanti a noi. […] Fu proprio questa riflessione a far sì che durante una tempesta mi sentissi disposto a sprofondare nell’abisso delle acque; dove sarei perito non visto, non commiserato, senza sguardi attoniti, senza lacrime di pietà e discorsi sulla mortalità: e dove nessuno avrebbe detto, quantum mutatus ab illo!”.

Scrivere, leggere / Alessandro Baricco

“Per un bel po’ non ho più scritto una riga. Alle volte si è così fastidiosamente banali. Poi, però, a poco a poco, incominciò a crescermi dentro quella che era una mancanza, un battito mancante, uno spazio bianco. Il fatto è che per me scrivere è sempre stato, oltre a un modo per campare, una sorta di esercizio spirituale, e spesso un eremo dove meditare, e sempre il mio segreto Carnevale. E questi tre pezzi di me non sembravano aver trovato una dimora diversa, analogamente perfetta. Così nel libro mastro del mio sentire i conti non tornavano più, e denunciavano una vita in perdita”.

Una colta bonaria pensosità

Giulio Bollati, Memorie minime, Bollati Boringhieri 2024 (pp. 64, euro 10)

Non tutte le introduzioni meritano di essere lette prima del testo che illustrano, a volte lo gravano di aspettative che si riveleranno ingiustificate o di informazioni che si metteranno di mezzo impedendoci di incontrare l’autore. Non è il caso della nota che Claudio Magris premette a questa cinquantina di pagine, innanzitutto perché, sull’onda di un’amicizia profonda, sa restituire i tratti inconfondibili di un amico, “un fratello maggiore, da cui ha ricevuto molto”, per cui quello che ci offre è un ritratto della sua unicità, che si traduceva in un’“amabile saldezza di gran signore, ricca di humour, venata di un’ombra di malinconica timidezza e celata da un’aria sorniona, dal disincanto di chi sa come vanno a finire le cose, ma sa incantarsi per esse”.

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Una bestiale insensatezza

Jiří Weil, Sul tetto c’è Mendelsshon, Einaudi 2023 (pp. 300, euro 20)

Già la prima pagina spiega il titolo: il Mendelssohn citato è proprio Felix, il musicista, o meglio, la statua che lo raffigura, fra le altre che ornano il tetto della “Casa tedesca delle arti”, già sede del Parlamento cecoslovacco. Si tratta di “una statua ebrea”, come il nome del musicista rende evidente, secondo le autorità della Gestapo, e va quindi “scaraventata giù dalla balaustra”. Perché, si sa, “le statue sono sempre state le guardiane fedeli e il baluardo di questa città tedesca” – quale gli occupanti pretendono sia Praga – e dunque occorre che anche fra di esse si faccia pulizia: ordine di Heydrich, il responsabile supremo della “soluzione della questione ebraica”, operante nella capitale ceca.

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Culture e pratiche delle guerre attuali

Frédéric Gros, Perché la guerra?, nottetempo (pp. 156, euro 16)

È innanzitutto una constatazione ad aprire il libro del filosofo, politologo e romanziere francese: dopo “la nuova cultura della paura” diffusasi nei primi due decenni del XXI secolo, si è diffusa l’impressione del ritorno di una “logica militare più classica con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente” (anche se “le nostre categorie politiche faticano a inquadrare le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre 2023 e, su un piano differente, il bombardamento massiccio da parte dell’esercito israeliano”), ma nello stesso tempo è risultato chiaro che – questo il giudizio di fondo di Gros – è necessario rispettare “la singolarità di ogni singola tragedia” e riconoscere che le categorie in uso “non restituiscono tutta la verità dell’evento”, che occorre quindi “contestualizzare, spiegare”, cose diverse dal “giustificare”.

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Un venale mangiasoldi o uno scrittore geniale?

Maurizio Testa, Maigret e il caso Simenon, Homo scrivens 2023 (pp. 196, euro 16)

Le camminate lungo la Senna, la pipa e il bicchiere di calvados in una brasserie, il via vai del Quai des Orfèvres: è lui, Maigret, attorniato dai suoi, Lucas, Torrence e Janvier, senonché stavolta deve indagare non su un malvivente, ma su uno scrittore, perché prima di legare il suo nome “all’immagine internazionale della cultura francese, occorre essere sicuri”, stabilire se si tratti di “un venale mangiasoldi o di uno scrittore geniale”. Ma perché affidarla proprio a Maigret, quest’“indagine delicata e complessa”?

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Un antidoto alla fiction dilagante

Raffaello Palumbo Mosca, Che cos’è la non fiction, Carocci 2023 (pp. 110, euro 13)

La definizione sembra semplice: è tutto ciò che non è fiction, che non è racconto o romanzo, poesia o testo destinato alla rappresentazione teatrale: i reportage, i resoconti di viaggio, i saggi narrativi, le autobiografie romanzate ossia l’autofiction. Da una parte il falso e dall’altra il vero, da una parte le storie e dall’altra la Storia, quindi? No, perché il finzionale, l’invenzione narrativa, non propongono di falsificare la realtà per ingannare, bensì per “dilettare e stimolare la riflessione”, ma anche perché la Storia ha molto da spartire con il romanzo.

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Scrivere, leggere / Paul Auster

“Baumgartner [uno scrittore] chiama questo periodo successivo alla stesura il collasso (…). È il passo fondamentale verso il completamento di un libro, perché dopo aver vissuto giorno e notte con il libro in lavorazione (…), una volta terminato si è così vicini al libro da non saper più giudicare quanto si è fatto. ma soprattutto, le parole sulla pagina sono così familiari ormai da essere come morte, e a rileggerle subito si sarebbe travolti da tali ondate di disgusto da sentirsi tentati di distruggere il manoscritto in un momento di rabbia o disperazione. Per non impazzire, per salvare il salvabile dal disastro combinato, bisogna costringersi a fare un passo indietro e lasciar stare quel maledetto, distaccandosene al punto tale che, quando si oserà riprenderlo in mano, sembrerà di vederlo per la prima volta”.

Una vita sensatamente inutile

Gabriella Caramore, L’età grande. Riflessioni sulla vecchiaia, Garzanti 2023 (pp. 144, euro 14)

Esiste una “sterminata biblioteca di scritti intorno alla vecchiaia e alla morte”: Caramore non vi aggiunge un ennesimo tentativo di sistemazione del tema, perché “è paradossale che sia una sovrabbondanza di parole che viene elargita a raccontare quel tratto di esistenza che si fa più silenziosa fino al tacere definitivo. In questo libro, dunque, non si troveranno che “pensieri, sensazioni, piccoli subbugli dell’anima”.

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L’inesauribile Simenon

Georges Simenon, Delitto impunito, Adelphi 2023 (pp. 190, euro 18) e Gli altri, Adelphi 2023 (pp. 145, euro 12)

Una modesta pensione, a Liegi; la proprietaria, una quarantacinquenne devota alla chiesa, e la figlia Louise, smorta e malaticcia; i pensionanti, studenti stranieri per lo più, fra cui il taciturno, tormentato protagonista, il polacco Élie, e Michel, rumeno, il cui arrivo scompagina il tran tran della casa, e la quotidianità di Louise, che ne diviene amante. Ma non è questo a rompere il precario equilibrio di Élie, che immaginava di poter vivere accanto alla ragazza per il resto dei suoi giorni, senza esserne innamorato e senza pretenderne l’amore, essendo lui incapace di amare, di soffrire, di vivere davvero fra gli altri.

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La sfida di un romanzo sulla crisi ambientale

John Ironmonger, L’orso polare e una scommessa chiamata futuro, Bollati Boringhieri 2023 (pp. 188, euro 17)

Dopo aver messo in scena, con La balena alla fine del mondo (in queste note a fine febbraio 2022), l’unica risposta possibile, per quanto utopica, ai disastri di una globalizzazione guidata dai ciechi interessi della finanza, Ironmonger ci riporta a St Piran, il villaggio della Cornovaglia dove il cetaceo si era spiaggiato, per affrontare il problema centrale dei nostri tempi e di quelli a venire: la crisi ambientale nella veste più evidente da essa assunta con i cambiamenti climatici e l’innalzamento dei mari.

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Imprigionati nel presente di un eterno intrattenimento

Luigi Maria Epicoco, Per custodire il fuoco. Vademecum dopo l’apocalisse, Einaudi 2023 (pp. 112, euro 12)

“La vita umana, quando perde il suo fuoco, è destinata a diventare fredda come la morte. Questa nostra epoca sembra aver smarrito il fuoco” ed essere quindi investita dal “freddo di una solitudine che, a macchia d’olio, sembra colpire molti uomini e donne dell’Occidente”, vittime della “religione dell’individualismo”. “Seppelliti dal consumismo”, siamo capaci solo di “trovare qualcosa che ci distragga da questa assenza di significato. Viviamo vite imprigionati in un eterno intrattenimento”, “appiattiti solo sulle questioni materiali”, cercando così di addomesticare la disperazione”.

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Luoghi piante animali uomini / Franco Arminio

“Sono un autodidatta, scatto con il telefonino, scelgo di fermare in un’immagine luoghi che stanno scomparendo, il portone di una casa che magari tra qualche anno non ci sarà più, un muretto che sta per crollare. Il mio è quasi un esercizio etico: voglio che ciò che appartiene a un territorio non sia dimenticato, che se ne conservi la memoria. Quasi un gesto d’affetto, mi piace allargare l’idea dell’umano a tutto ciò che non lo è”.