Kafka rivisitato

Moshin Hamid, L’ultimo uomo bianco, Einaudi 2023 (pp. 132, euro 16)

Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si trovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto. /“Un mattino Anders, un uomo bianco, si svegliò e scoprì di essere diventato di un innegabile marrone scuro” (e del resto anche Gregor “si vedeva la pancia marrone”).
Impossibile non avvertire echi del più famoso racconto kafkiano in questo che si è cominciato a leggere. In entrambi i casi, i protagonisti si guardano attorno cercando nella familiarità del luogo una smentita della terribile scoperta appena fatta: “Il bagno – di Anders – era familiare nel suo confortante squallore”, così come la camera era lì tranquilla con i suoi quattro muri ben noti a Gregor. Senonché, mentre questi non sembra atterrito dalla propria metamorfosi o, quantomeno, il si direbbe tenti da subito di farci i conti, pur continuando a pensare a sé stesso come al commesso viaggiatore che è sempre stato, Anders si ribella: “la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia (…).

Voleva ammazzare l’uomo di colore che gli si parava davanti lì in casa sua”. È dunque lontanissimo dall’accettare la sua nuova fisionomia. Non è più lui, è un altro. È “una presenza tesa e ostile” quella che sente se si guarda allo specchio. Neanche il suo cellulare lo riconosce più. E non può, come Gregor, richiudersi nella propria stanza perché vive solo e dunque deve “affrontare il mondo, o quantomeno il commesso del supermercato”. Lasciamo Kafka, quindi, e seguiamo Hamid. E Oona, la donna che conosce dai tempi della scuola e da un po’ ha ripreso a frequentare sull’onda dell’attrazione reciproca e della condivisione del dolore di perdite che hanno segnato le loro vite. Ma come c’era da aspettarsi anche lei rimane di stucco quando lo vede, il che non le impedisce di fare l’amore con lui, entrambi presi da “una destabilizzante e inquietante soddisfazione”, seguita però da “una curiosa sensazione di tradimento”.

Poste queste premesse, che cosa potrà accadere? Sembra se lo sia chiesto anche l’autore, e la risposta si trova infatti nelle pagine che seguono. Soprattutto dal momento in cui “in tutto il Paese cominciarono a diffondersi notizie di gente che stava cambiando”, che stava smettendo di essere bianca. Sta di fatto che Anders può tornare alla palestra in cui lavora, ma non è più come prima: gli altri non lo considerano più lo “zelante ed erudito aggiustaossa” di sempre. Lo osservano increduli, a disagio se non con diffidenza. Ma intanto il fenomeno si sta espandendo: “L’atmosfera in città stava cambiando, più in fretta della carnagione degli abitanti” e la mutazione – pensano in molti, fra cui la madre di Oona – non può che essere frutto di un complotto, al quale rispondere innanzitutto stipando la casa di provviste. Così, dopo gli assalti agli ipermercati, arrivano le risse e le sparatorie ad opera di “miliziani dalla pelle chiara”, che sembrano rinfrancare la madre di Oona mentre fanno sentire minacciato Anders, cui il padre – vecchio e malandato, ormai vicino alla fine – ha voluto dare il suo fucile, quasi presagisse le “sommosse” che difatti si verificano e provocano morti fra quelli soprattutto “che non erano sempre stati così”. Come il protagonista, appunto. Di fatto, restare bianchi diventa la condizione di una minoranza sempre più ristretta, che scomparirà, alla fine: solo il padre di Ander risulterà bianco, al momento del proprio funerale. L’ultimo uomo bianco.

Un racconto, questo, cui certo non è estranea la riflessione sui modi in cui concretamente, anche se spesso sotto traccia, si manifesta la discriminazione razziale, ma il cui schema fa pensare soprattutto a quelle distopie in cui tutti diventano ciechi, o smettono di morire… Meno appariscenti, ma presenti, si avvertono anche suggestioni cui non sembrano estranei alcuni comportamenti e sentimenti confusi, di minaccia o di rivalsa, che si sono osservati nelle fasi più difficili della pandemia. Non si produrrebbero certe risonanze, probabilmente, se non avessimo vissuto quel periodo.

Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.

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