Una civiltà planetaria

Mauro Ceruti, Evoluzione senza fondamenti. Soglie di un’età nuova, Meltemi 2019 (pp. 102, euro 11)

“Sentiamo il peso di una storia senza fondamenti. Viviamo in un groviglio di storie nella cui stessa trama si sono diffusi e dispersi l’ordine e il senso complessivo di quella che è stata definita come la Storia. (…) La nostra esperienza del tempo e della storia si è frammentata, infrangendo l’eterno presente in cui il sogno del calcolo – ossia della scienza moderna, quantificatrice e sempre alla ricerca di leggi costanti – avrebbe voluto comprimere il passato e il futuro”.

Affermazioni che non sembrano lasciare dubbi. La situazione è irrecuperabile, nessuno spazio alla fiducia in sorti migliori.

Senonché: non un progresso sicuro e inevitabile, ma l’emergere di nuove realtà, situazioni, scoperte e modi di concepire la conoscenza imprevisti e imprevedibili, in una sequenza non assimilabile a un progresso lineare e irreversibile, appunto, apre la possibilità di un’inedita “civiltà planetaria”, a misura di pianeta e di umanità tutta, non di antropo- ed etno- centrismi.

Le avvisaglie si fanno sentire da tempo: nel neoevoluzionismo come nella fisica contemporanea.

Si è compreso che l’evoluzione può essere paragonata a un film che però “ad ogni eventuale proiezione avrebbe un finale diverso”. Oggi possiamo pensare che la chiave per comprendere e per generare la condizione umana è la sua incompiutezza. E incompiutezza significa che gli esiti futuri non sono inscritti di necessità in qualche fondamento, in qualche essenza della natura umana”. L’universo vivente non è dato in anticipo e l’evoluzione non rivela un piano dotato di senso quanto piuttosto i modi di procedere di un bricoleur.

Non diversamente, la fisica permette di prospettare sia un’espansione ininterrotta dell’universo che lo porterà a dissolversi che un suo riconcentrarsi (Big crunch) che lo faccia tornare a una condizione simile a quella precedente il Big bang, il che non vieta di pensare che un’altra esplosione creatrice ne possa seguire… Ma, al fondo, che si parli di fine del mondo o di suoi possibili nuovi inizi, non ci si sta comunque muovendo – e non potrebbe essere diversamente – entro l’orizzonte determinato dagli strumenti cognitivi umani? Da dubbi come questo nasce l’interesse attuale per altre concezioni cosmologiche, come quelle che miti e concezioni filosofico-religiose di matrice extra occidentale hanno prodotto. L’idea di una “Terra madre” pare fattore indispensabile di un ecologismo all’altezza dei tempi… Ed ecco allora che una civiltà planetaria in grado di integrare visioni – da accogliere nella loro diversità, non da gerarchizzare – appare la via del futuro, dell’unico futuro possibile, ma emergerà davvero un orientamento a “favore della sperimentazione e della diversificazione piuttosto che della standardizzazione?” È una domanda a concludere il discorso. Un discorso nel quale comunque il tono prevalente è stato quello della speranza, addirittura dell’ottimismo a tratti. Una posizione, quella di Ceruti, che ricorda per molti versi l’ultimo libro di Ulrich Beck (La metamorfosi del mondo, Laterza 2017), secondo il quale nella trasformazione in corso “le vecchie certezze della società moderna vengono meno e nasce qualcosa di totalmente nuovo” e dobbiamo perciò saper vedere anche possibili, positivi “nuovi inizi”.

Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.

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