Villaghe

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Spontaneo evento d’arte la costruzione coi materiali trovati sulla spiaggia. Accanto alle città, infatti, il mare depone nudi elementi e chi passa ritrova sogni, giostre e labirinti.
Gesti antichi sono il costruire, l’ordinare: un tempo per sé, un gioco, un cimentarsi che passa di mano in mano, di giorno in giorno. Un edificare al meglio ed ecco che nel mio viaggio trovo un villaggio.
Un’idea di capanna, salvazione di piccoli naufraghi. Si pone il sedile sulla soglia; si costruisce l’urna di un rito astratto; si decora il perimetro; si segna il cortile; si delimita per agire; si arreda la sabbia e si dà bellezza. Il gioco è minuto ma richiede perfezione. Lo spazio si fa paesaggio.
Edificare in perpetuo, ma ora i gesti sono in ascolto soltanto di sé, del proprio immanere, della propria cura.
Forse tombe, forse cortili, forse clessidre d’aria; il vento s’incaglia nella conchiglia, seme gettato nell’arido campo.
Fusti ficcati nel leggero delirio; con ciottoli sottratti ad ampie mareggiate e con altri legni accanto, un totem si forma. Dalle mani della fortuna viene attinta una pertica. Sminuzzate le canne, sono costruiti piccoli recinti, scatole.
Spine di scheletri innalzati: animali che scrutano l’orizzonte. Passerò di lì per capire la traiettoria di sguardi o lo sbattere di bandiere involate, o sopravvivenze a battaglie perdute, oppure aratri, vaghi intarsi, sedimenti, ciuffi, ritmi semplici, boschi di stecchi.
E mi chiedo quali sono le voglie, perchè quei lenti rifare, quali gli andati dalle case.
E sono io a rimanere? Ancora quanto? A fare nel mondo, in fondo, nuvole. Salmodia il silenzio tra il popolo assente, tra i salmastri ripari.
Tra alcuni stesi al tardo sole, fra altri che passeggiano costeggiando i labili vicoli, vago come tra resti d’antiche dimore, immaginando la direzione presa dai gendarmi e quella presa dall’assassino.

Un commento su “Villaghe”

  1. Certe volte una capanna di rami ed ossa è meglio di una casa di pietra …. Anche i Vichinghi che colonizzarono la Groenlandia nel primo Medioevo usavano i rami sputati a riva dal mare per costruire le loro case . Forse il vento freddo ci passava attraverso, ma insieme ad esso vi entrava anche la libertà…

    Il testo è musica parlata. Fa pensare: ripartiamo dai resti, da ciò che il mare sputa o forse rielabora per ognuno di noi.
    Si sente in mezzo alle frasi una trama, un’ ossatura, un domino squillante, un visibilio di cose secche e pulsanti di vita andata o poi tornata.

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