Uno spazio per la scrittura, e la lettura

secondorizzonte spazi della scrittura è un sito di saggi e articoli, poesia, ma soprattutto racconti e romanzi – alcuni dei quali scaricabili gratuitamente cliccando qui – e inoltre pensieri e giudizi venuti da letture e riletture, suggerimenti e citazioni sull’esperienza dello scrivere e altri temi che contano nella nostra vita e nel tempo in cui viviamo. Leggi di più

Oggi, domani / David Grossman

“È difficile immaginare il futuro in questa realtà che ci soffoca, che ci toglie il domani: quello nostro, quello dei nostri figli e quello dei nostri nipoti. Eppure resto convinto che bisogna combattere contro la paura. Ricordo la storia di un uomo che durante tutta la guerra del Vietnam andava a protestare davanti alla Casa Bianca. Un giorno, un giornalista gli chiese: ‘Pensi veramente di cambiare il mondo?’. L’uomo rispose: “No, ma non voglio che il mondo cambi me”.

Un nuovo materialismo

Jane Bennet, Materia vibrante. Un’ecologia politica delle cose, Timeo 2023 (pp. 257, euro 22)

Il tema è sostanzialmente lo stesso, ma l’interesse e l’entroterra culturale dei due autori non coincidono. Sia Coccia (in queste note lo scorso 5 settembre) che Bennet sostengono la causa del monismo: “tutte le forme di vita sono figurazioni di una medesima sostanza” sostiene il primo, bisogna abbandonare l’“abitudine a interpretare il mondo come diviso in materia spenta (esso, le cose) e vita vibrante (noi, gli esseri)” è la tesi centrale della seconda.

Continua a leggere Un nuovo materialismo

Oggi, domani / Maria Anna Mariani

“Non esiste spettatore innocente. Passività e innocenza non sono sinonimi: anche l’inazione è una forma di coinvolgimento. (…) Nella maggior parte dei casi si tratta invece di una posizione moralmente compromessa, anche se non criminalmente colpevole. (…) Le categorie di colpa e innocenza sono insufficienti; così come quelle di distacco e disinteresse. Esistono soggetti implicati che non commettono il danno ma ne traggono profitto o vi sono strutturalmente connessi. È in questa zona grigia della responsabilità che si trova l’Italia. (…) l’Italia appare più che mai come una bystander [spettatore coinvolto] strutturale: spettatrice impotente e complice sistemica. Lo è per scelte politiche, per le dipendenze strategiche, ma anche per un immaginario che non sa più produrre resistenza perché ha smesso di avere paura. E proprio la paura, scriveva Buzzati, è la forma suprema di resistenza alla minaccia nucleare”.

Oggi, domani / Gustavo Zagrebelky

“Si dice tranquillamente che la guerra c’è sempre stata e ci sarà sempre. Non è vero, o meglio non lo sappiamo. Sappiamo che le guerre ci sono state dal momento in cui le società sono state dominate da padroni. E i signori, diceva Kant, sono affamati di guerra. Quando le società si piegano alle signorie, le signorie usano le guerre per i loro fini. La democrazia è – o dovrebbe essere – il regime che non tollera i signori: i signori della finanza, i signori delle armi. La democrazia è un’aspirazione, che ha come obiettivo la distruzione delle oligarchie. All’altare della patria c’è il sacello del Milite ignoto, cui si rende omaggio il due giugno. Io cambierei il nome: non milite ignoto, vittima ignota”.

Capire, non giudicare

Ian McEwan, La ballata di Adam Henry, Einaudi 2014 (pp. 202, euro 20)

Se Lezioni, l’ultimo romanzo dello scrittore inglese è stato accostato a quello che molti ritengono il suo capolavoro, Espiazione, questo sembra ricollegarsi a Sabato, scritto una decina d’anni prima. Anche qui la figura di una professionista – una giudice di famiglia -, che richiama il neurochirurgo di Sabato non solo per la dedizione e la competenza con cui svolge il suo lavoro, ma per averne fatto il terreno sul quale si misura un’etica che dall’ambito professionale si estende alle relazioni sociali e si risolve – nella giudice – in un’apertura agli altri pacata, razionale. In una riservatezza empatica, verrebbe da dire.

Continua a leggere Capire, non giudicare

La rana e lo scorpione

Secondo una favola, attribuita erroneamente a Esopo, uno scorpione deve attraversare un fiume, ma non sa nuotare. Chiede a una rana di traghettarlo. La rana non si fida per paura di essere punta, ma lo scorpione la tranquillizza: «Se ti pungessi, tu moriresti e io, non sapendo nuotare, annegherei». La rana stette a pensare un po’, poi rassicurata, convinta dalla sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà percorso lo scorpione la colpisce con il suo aculeo velenoso. La rana, disperata e morente, gli chiede «È la fine per tutti e due!!! Perché l’hai fatto?». Lo scorpione, prima di morire annegato, risponde: «È vero, ma non potevo farne a meno… sono uno scorpione: è la mia natura!».

Oggi stiamo assistendo all’inquietante storia dello scorpione “imperialista”, una parola caduta in disuso ma che sta ritornando “di moda” nei fatti che segnano – da Oriente a Occidente – il nostro tempo. E non solo gli Stati Uniti o la Russia!

Continua a leggere La rana e lo scorpione

Oggi, domani / Maurizio Guerri

“Tale è la tendenza estetizzante della fotografia, che il medium che trasmette l’angoscia finisce anche per neutralizzarla [diceva Susan Sontag]: all’interno del regime spettacolare delle immagini che domina lo sguardo globale (…) guardiamo tutto ma non vediamo niente. Questo forse è una delle chiavi che ci consente di comprendere la paralisi estetica e politica davanti al genocidio dei palestinesi. (…) “Guardare tutto, senza toccare niente”, scriveva Walter Benjamin a proposito del rapporto feticistico ed estetizzante che i consumatori di merci e di immagini intrattengono con i prodotti con cui entrano in relazione. Guardare, ma non vedere, quindi impossibilità di prendere posizione nella storia per trasformarla.” 

Il Tutto di cui siamo (sempre) parte

Emanuele Coccia, Metamorfosi, Einaudi 2022 (pp. 196, euro 17)

“Tutte le forme di vita sono figurazioni di una medesima sostanza, modi accidentali che non smettono di crearsi l’uno dall’altro e di distruggersi l’un l’altro”: la premessa richiama – quasi letteralmente – Spinoza, ma rimanda alla filosofia antica (dai presocratici agli atomisti, da Anassimandro ed Empedocle a Epicuro e Lucrezio) e in generale alla tradizione filosofica che vede la morte come l’esito di un naturale avvicendarsi di fasi, ricombinarsi di elementi, variamente definiti, che costituiscono il Tutto, di cui siamo parte.

Continua a leggere Il Tutto di cui siamo (sempre) parte

Oggi, domani / David Bidusssa

“Da una parte minaccia cresciuta in modo prepotente, dall’altra eclissi della pressione dell’opinione pubblica. Cosa lega questi due elementi e che cosa differenzia la scena di allora [anni della guerra fredda] da quella di ora? La scomparsa del futuro. Dietro chi agita la minaccia del nucleare c’è la dichiarazione di non voler cambiare il presente ma di garantire rapporti di forza favorevoli alla propria parte. Contemporaneamente ciò a cui assistiamo è la verticale perdita di terreno di una mobilitazione che chiede un futuro diverso. Negli anni più cupi della guerra fredda la mobilitazione dell’opinione pubblica ha funzionato. Cosa impedisce oggi all’opinione pubblica di funzionare o anche, più radicalmente, di non ritenere vincente una mobilitazione? È la fiducia nel cambiamento che sembra decisamente in declino.” 

Una favola tragica

Jean-Claude Grumberg, Una merce molto pregiata. Una favola, Guanda 2019 (pp. 112, euro 14)

Una raccomandazione preliminare: va letto tutto d’un fiato. Perché ha la compattezza di una narrazione fatta a voce, in cui il narratore non si interrompe se non una volta arrivato alla fine. E questo è uno dei pregi di questo racconto uscito in realtà da una penna sapiente nella sua leggerezza, nella sua capacità di condurre due storie in parallelo e di cadenzarle introducendo svolte decisive nella loro trama senza compromettere il tono distaccato di chi riferisce dei puri fatti.

Continua a leggere Una favola tragica