La storia, le storie / L’evasione da Lipari*

Nella lunga e difficile lotta contro il fascismo pochi episodi hanno avuto la rilevanza politica e simbolica della fuga da Lipari. Già nell’estate del 1927 Ernesto Rossi aveva manifestato ad Alberto Tarchiani, un ex giornalista del «Corriere della Sera» esule in Francia, il proposito di organizzare l’evasione degli amici confinati: un’idea che cominciò a prendere corpo nel marzo 1928, quando in un incontro tra Tarchiani e Salvemini a Londra furono definite le «linee maestre dell’azione»¹. Fatto venire dall’America Raffaele Rossetti, l’affondatore della Viribus Unitis, che avrebbe dovuto guidare le operazioni, la macchina organizzativa si mise in moto. Mentre tra Lipari, Londra e Parigi si sviluppava un fitto intreccio di messaggi cifrati, Emilio Lussu e Carlo Rosselli, ai quali si erano associati Francesco Fausto Nitti e Gioacchino Dolci, adottarono comportamenti volti ad allontanare ogni sospetto. Il primo usciva di casa con regolarità cronometrica, creando nei suoi guardiani la convinzione che fosse incapace di alterare le proprie abitudini. Il secondo faceva il possibile per dare l’immagine di un uomo tutto dedito allo studio e alla famiglia; negli ultimi mesi, addirittura, si impegnò ad apportare migliorie all’abitazione in cui risiedeva con la moglie e il figlio². Intanto raccoglievano tutte le informazioni utili, effettuavano accurati rilevamenti sul servizio di vigilanza, studiavano orari, percorsi e punti d’appoggio, s’esercitavano al nuoto.
Il piano consisteva nell’eludere la sorveglianza nel breve lasso di tempo compreso tra la ritirata e i controlli serali, buttarsi in mare, approfittando dell’oscurità, e farsi recuperare in un luogo convenuto da un’imbarcazione veloce in grado di sottrarsi all’inseguimento dei MAS che pattugliavano le acque dell’isola. Da tramite con l’esterno avrebbe agito la moglie di Rosselli, che essendo inglese poteva muoversi liberamente. Ma difficoltà e ostacoli imprevisti misero in forse la riuscita del progetto. Prima due tentativi di fuga attuati da altri confinati causarono una stretta nel sistema di sicurezza. Poi le proibitive condizioni del mare e guasti ai motori del motoscafo salpato dalla Tunisia mandarono a vuoto i rendez-vous fissati per il 17 e 19 novembre 1928, obbligando a precipitosi rientri nelle abitazioni per evitare di essere scoperti. Gli insuccessi ripetuti, la cattiva stagione e la necessità di sostituire il natante, dimostratosi inaffidabile, costrinsero a un lungo rinvio che consentì a Dolci, liberato per fine pena, di passare clandestinamente in Francia e unirsi agli organizzatori dell’operazione. Il suo posto fu preso da Paolo Fabbri, un contadino socialista, amico e discepolo di Giuseppe Massarenti³. Finalmente, la sera del 27 luglio 1929, il motoscafo con a bordo Italo Oxilia, che aveva sostituito Rossetti, Gioacchino Dolci e un motorista francese arrivò all’appuntamento. Raccolti gli uomini in mare, ma non Fabbri che, intercettato da una pattuglia di militi, aveva finto di essere ubriaco per coprire i compagni, si allontanò a gran velocità. Quando fu dato l’allarme era ormai irraggiungibile.

Note
* Questo saggio è stato pubblicato in Gli italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai giorni nostri, direzione scientifica di Mario Isnenghi, vol. IV, Il Ventennio fascista, t. 1, Dall’impresa di Fiume alla Seconda guerra mondiale (1919-1940), Torino, UTET, 2008, pp. 572-577.
¹ Alberto Tarchiani, L’impresa di Lipari, in No al fascismo, a c. di Ernesto Rossi, Einaudi, Torino 1963 [1957], pp. 120-21.
² Carlo Rosselli, Fuga in quattro tempi, in Almanacco socialista 1931, Partito socialista italiano, Parigi s.d. [ma 1930], ora in Id., Socialismo liberale, a c. di John Rosselli, Einaudi, Torino 1973, p. 515.
³ Dirigente sindacale a Molinella, perseguitato dal fascismo, dopo il confino lavorò alla riorganizzazione del Partito socialista. Animatore della Resistenza nel Bolognese, fu ucciso nel febbraio del 1944 mentre tentava di passare le linee tedesche. Cfr. il profilo biografico di Luigi Arbizzani, in Franco Andreucci, Tommaso Detti, Il movimento operaio italiano.

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