Diari

Il valore delle citazioni è apertamente riconosciuto da diversi autori, tanto da suscitare in alcuni – da Walter Benjamin a Gesualdo Bufalino – l’idea che si potesse comporre un libro che non contenesse altro. Così come ricorrente è la convinzione che nessuno possa scrivere qualcosa di assolutamente nuovo e soltanto suo: “Uno scrittore è una persona che incatena citazioni togliendo le virgolette” giungeva a sostenere Roland Barthes, mentre, senza giungere ad affermazioni tanto perentorie, e provocatorie, Remo Bodei riconosceva che “il frequente uso delle citazioni risponde alla scelta di far parlare con la loro distinguibile voce i partecipanti a quell’impresa comune rappresentata da ogni libro”. E non diversamente, Hannah Arendt, si dichiarava convinta che quella che si definisce persona colta è “qualcuno che sa scegliere la propria compagnia fra gli uomini, le cose, i pensieri; nel presente come nel passato.” Senza dimenticare tuttavia i rischi dell’attualizzazione, avverte Gustavo Zagrebelsky, “cioè della pretesa che testi antichi siano stati scritti per parlare non a noi, ma di noi”, usando di fatto “parole altrui per rafforzare, duplicandole, le proprie”, e facendo passare, più o meno consapevolmente, un messaggio implicito: vedi, non lo dico solo io”.

Anche di citazioni si può dunque parlare, come in questo preambolo, citando chi ne ha parlato. Ma non è questo l’argomento attorno al quale si raccolgono – non sistematicamente, ma come note prese nel corso di letture diverse – questi Diari nella forma di un seguito di citazioni che sono sembrate illuminare altri temi, pochi, significativi, capaci di distinguersi nella ragnatela di tutto ciò che in qualche modo può interessare: i modi, le ragioni, i risultati del leggere e dello scrivere; la riflessione ineludibile sul tempo, la vita e la morte, il vivere e il morire; le notazioni rivelatrici, i giudizi complessivi che può accadere di incontrare sul nostro vivere collettivo, la politica, l’economia, sull’oggi che viviamo quindi, e sul domani che vivrà chi verrà dopo di noi, con un riferimento privilegiato all’evoluzione della crisi dell’ambiente, leggibile nei nessi profondi che legano in un tutt’uno i luoghi, le piante, gli animali e, fra questi, gli uomini.

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