Un romanzo di formazione, tra Natura e Storia

Benjamin Myers, All’orizzonte, Bollati Boringhieri 2021 (pp. 239, euro 16,50)

La guerra, la seconda guerra mondiale, è finita, ma è come una malattia – per alcuni “curabile solo col passare del tempo”, incurabile per molti che ne soffrono fino alla fine dei loro giorni –, e “gli unici vero confini non (sono) trincee, rifugi e posti di blocco ma quelli tra roccia, mare e cielo”: tra Storia e Natura si svolge la storia dei giovane protagonista, Robert, destinato a fare il minatore come i suoi e proprio per questo deciso, prima di inabissarsi a estrarre carbone, a vedere il mondo, che per lui è quello dell’Inghilterra settentrionale, le sue coste dirupate, i suoi villaggi sperduti. Descrizioni ariose di quei paesaggi, dei loro colori, odori, suoni occupano le pagine in un crescendo di entusiasmo che si apre a esperienze di immersione nelle atmosfere dei luoghi durante le quali “il tempo (gli sembra) statico” e ha l’impressione di “scivolare fuori dal presente – o forse, al contrario, di essere immerso così profondamente nel qui e ora – al punto da dimenticare chi è”. È in questa condizione di apertura e di adesione a ciò che lo circonda che il sedicenne incontra l’anziana e solitaria abitante di un vecchio cottage malandato, isolato di fronte al mare, e tutto cambierà. Perché i due si intendono subito: “ho semplicemente deciso di andare un po’ in giro”, le dichiara presentandosi il giovane; “Oh, mi piace – approva Dulcie.

Questo sì che dimostra spirito”. Ossia ciò che davvero conta nella vita, secondo la donna, spregiudicata e ironica, colta ma non di rado sboccata al punto da far arrossire il suo giovane ospite, ruvida e allo stesso tempo attenta ai sentimenti e alle speranze di Robert, alla sua intelligenza nativa e al suo desiderio di trovare una propria strada. Lo aiuterà, lo educherà, secondo una personale antipedagogia che lo incoraggia a fare “uno sberleffo al tempo, perché il tempo non è che un altro insieme di confini arbitrari autoimposti, concepiti per imprigionare e controllare”, ma anche a leggere, a trarre piacere dalla lettura anche se non si ha cultura sufficiente per capire tutto. Non a caso, fra i primi libri che Dulcie propone al ragazzo c’è L’amante di Lady Chatterley: la comunione con la natura, la fiducia nell’arte e nella poesia, l’abbandono all’amore e alla sensualità sono i cardini di un modo di stare al mondo che Robert sente congeniale e sensato, gli stessi cui Dulcie si è attenuta nella sua  lunga vita, incurante che molti la giudichino “matta”, mentre è soltanto “padrona della sua esistenza”.

Robert lavora per Dulcie, per ripagarla dei pranzi che gli prepara e delle bevute in cui lo coinvolge, anche se lei non lo esige. Cura il prato e le siepi, rimette in sesto il capanno diroccato che resiste a mala pena un po’ discosto dal cottage. Ed è così che viene alla luce un fascio di poesie mai pubblicate, che Dulcie non ha mai letto pur sapendone l’esistenza: sono l’opera di una giovane tedesca, fuggita fin lì all’avvento del nazismo, che aveva trovato in Dulcie l’“anima gemella” capace di far maturare la poetessa che covava in lei.

Sarà questa volta Robert a condurre la sua maestra sulla strada che la porterà a superare il dolore che aveva seppellito in sé quando l’amica si era suicidata. Una storia a lieto fine, certo, che non attenua però le luci minacciose che la guerra e il nazismo hanno diffuso, “Perché c’è sempre una guerra che viene dichiarata da qualche parte, e noi – conclude Dulcie – non siamo capaci di imparare un caspita di nulla da nessuna di esse”, né è il caso di credere in un “progresso lineare”: “È sempre un passo avanti e due indietro. Poi un balzo di lato. Poi ancora in diagonale”. Vivere resta il compito che ci è assegnato, vivere davvero, vivere il nostro desiderio, senza dimenticare la “noia e la pigrizia” che abitano il mondo, e chi lo governa: “I bidelli della mediocrità. I custodi del tedio e i venditori di robaccia. Uomini, soprattutto”, precisa Dulcie.

Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.

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