Le vie misteriose dell’amore

Robert Nathan, Ritratto di Jennie, Atlantide 2016

Robert Nathan, Viaggio sul fiume, Atlantide 2016

“Indipendenti, liberi, visionari”, e tutti e cinque – tre uomini e due donne – attorno ai trent’anni (tre di loro autori di romanzi pubblicati con editori di livello nazionale): questo l’identikit di Atlantide.

E in più, si direbbe, una vocazione alla riscoperta. Come quella di un autore americano del secolo scorso, Robert Nathan (1894-1985), amato da F. Scott Fitzgerald e pressoché sconosciuto in Italia (risalgono al 1948 e al ’58 le edizioni Bompiani e poi Mondadori di Ritratto di Jennie). A metà fra l’atmosfera surreale e felice di un film di Frank Capra (è soprattutto l’angelo di La vita è meravigliosa che viene in mente) e quella inquietante del Ritratto di Dorian Gray, la storia del pittore e di Jennie, la sua enigmatica modella che compare e scompare dalla sua vita facendosi nel frattempo donna dalla bambina che era, è la storia di un grande amore. E insieme – sul filo di una riflessione di tonalità esistenziale – della scoperta del mistero che, a cospetto della nostra inconsapevolezza, abita la vita: “Può darsi che qui su questa terra, non siamo abbastanza grati per la nostra ignoranza, neanche per la nostra innocenza. (…) Eppure siamo stati creati così, stupidi, innocenti e ignoranti; ed è solo grazie all’ignoranza che possiamo vivere sulla terra, a nostro agio fra i misteri”. Amore è anche quello che riempie le pagine del secondo romanzo, ma è un altro tipo d’amore: è quello che matura in una lunga convivenza inevitabilmente fatta di “gentilezza e monotonia”: “Nulla di cui vergognarsi, e non un granché da ricordare”. Eppure non sono scontentezza o frustrazione i sentimenti che animano la protagonista che, saputo del poco tempo che le resta da vivere, progetta un’impresa che lei e il metodico, apparentemente tranquillo marito non avevano mai osato. Affitta una casa galleggiante e partono, per il loro viaggio sul fiume. Perché quel che lei desidera è lasciargli qualcosa da ricordare, di lei, della loro vita. Qualcosa che dimostri – a lei, oltre che a lui – che tra loro c’è stato di più di un’“affettuosa intimità”, espressione d’amore coniugale sempre segnata, tuttavia, da un confine invalicabile: “più si avvicinavano ai loro sentimenti più veri, profondi, più diventavano timidi. Ciò accadeva perché, come per chiunque altro, i loro sentimenti più profondi erano dolorosi e pieni di aneliti – tristi per la gioventù perduta, per frammenti dimenticati di felicità, per l’intimo, meraviglioso, impossibile matrimonio di carne e spirito cui la razza umana aspira.” E il viaggio, lungi dal risolversi nel recupero di una vicinanza solo sognata e nella ricomposizione di un quadro idilliaco, rimescolerà le carte: sarà lui – dopo, ormai solo – a chiedersi che cosa ha lasciato alla moglie da ricordare.

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