Il discorso del professore

Cristovão Tezza, La caduta delle consonanti intervocaliche, Fazi 2016, pp. 237, euro 17,50

Duecento pagine di monologo, un riandare alla propria vicenda da parte di un professore settantenne di filologia romanza, studioso delle evoluzioni attraversate in Brasile dal portoghese (esemplificate da fenomeni come la caduta delle consonanti intervocaliche, appunto): mentre si sbarba e si veste per la cerimonia in cui gli verrà consegnata una medaglia per meriti accademici pensa a come impostare il discorso che dovrà fare.

È questa l’occasione per riandare ai fatti salienti della propria vita (il matrimonio, i figli, l’appassionata relazione con una studentessa, la carriera professionale) e, più che un racconto, è un rimuginare sempre gli stessi avvenimenti cercando di spremerne il senso della propria esistenza, fino all’esperienza ormai preponderante: l’invecchiare, il degrado fisico (“il nemico è il corpo?” è la domanda ricorrente), la nostalgia del sesso…

Ma perché leggere un libro del genere? scontato prima che triste, verrebbe da pensare. E invece no: dire che il monologo del professore è (auto)ironico non rende l’idea. Anche i ricordi più brucianti e le riflessioni più impegnative si risolvono in una risatina fra sé (quel eheh che costella il testo), e a poco a poco è come se, per simpatia, si cominciasse a sentirla quella voce, e viene da darle un volto scegliendolo fra quelli che si conoscono, amici, attori. A me è capitato di vederlo a un certo punto, il professore: ha cominciato a parlare come Gianrico Tedeschi, ne ha assunto la fisionomia. Quel suo fare sornione e bonario, quel suo non aderire mai del tutto al personaggio interpretato. Perché lui, il protagonista, è un po’ così: anche la politica, e la vicenda tormentata del Brasile, non lo toccano più di tanto (sarà per la lingua che parla e studia, il portoghese: viene in mente un Pereira prima del suo risveglio di coscienza civile). Non è la vita pubblica infatti ma quella privata che “l’ha sempre sommerso” – sostiene il professore – e quale delle due dimensioni dia sostanza all’esistenza è una delle tante domande che si pone e restano inevase. Anche perché, alla fine, occorre ammettere che “la vita si cela nella lotteria delle piccole scelte”, confuse nella quotidianità e nei suoi automatismi.
E quindi i ringraziamenti, poi qualche osservazione cordiale e i saluti conclusivi: questa la scaletta del discorso che farà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *